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107. Si deve anche considerare che noi abbiamo ri cevuto, a dir così, dalla natura due parti da sostenere; l’una comune a tutti, perchè tutti partecipiamo della ragione e di quella dignità che ci distingue dalle bestie, che è principio dell’onesto e del del decoro, e da cui si desume il metodo che conduce alla […]

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Anzi, sol che vogliamo riflettere un poco sopra l’eccellenza e la dignità della natura umana, comprenderemo quanto sia turpe una vita che nuota nel lusso e si sprofonda nelle mollezze, e per contro quanto sia bella una vita modesta e frugale, austera e sobria.

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Perciò il vitto e la cura della persona abbiano per fine, non il piacere, ma la buona salute e il vigore delle forze. 

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Da ciò si comprende che il piacere dei sensi non è troppo degno dell’ uomo nobile e che, anzi, conviene disprezzarlo e respingerlo; se c’è però qualcuno che conceda qualche cosa al piacere, ponga ogni cura nell’usarne con sapiente moderazione.

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Anzi, se un uomo è per temperamento alquanto incline ai piaceri, purché non sia della razza dei bruti (alcuni sono uomini non di fatto, ma di nome); solo che egli sia d’animo un po’ elevato, per quanto dominato dal piacere, nasconde e dissimula, per un senso di pudore, codesta sua bramosia. 

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Questi non sentono altro che il piacere dei sensi, e ad esso son trascinati da cieco impeto;  invece la mente dell’uomo trova il suo alimento nell’imparare e nel meditare: essa o cerca o fa sempre qualche cosa, ed è guidata dalla gioia del vedere e dell’udire.

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Sempre, in ogni questione morale, conviene tener presente la grande eccellenza della natura umana rispetto a tutti gli animali, domestici e selvatici. 

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Anche nei divertimenti dobbiamo osservare una certa misura, per non prorompere in eccessi e, inebriati dal piacere, scivolare in qualche sconcezza.  Offrono esempi di onesti divertimenti il nostro Campo di Marte e gli esercizi della caccia.

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E’ facile, dunque, distinguere lo scherzo nobile dal volgare.  L’uno è degno anche dell’uomo più austero, se è fatto a tempo debito, come, per esempio, quando lo spirito si allenta; l’altro non è neppure degno di un uomo libero, se all’indecenza dei pensieri si aggiunge l’oscenità delle parole. 

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Ci sono, insomma, due specie di scherzi: l’uno volgare, aggressivo, scandaloso, turpe; l’altro elegante, garbato, ingegnoso, fine. Di questa seconda specie son pieni non solo il nostro Plauto e l’antica commedia degli Attici ma anche i libri dei filosofi socratici.