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31. 46. Tu, Padre buono, mi insegnasti che tutto è puro per i puri, ma fa male un uomo a mangiare con scandalo degli altri; che ogni tua creatura è buona, e nonsi deve respingere nulla di ciò che si prende rendendo grazie; che non è l’alimento a raccomandarci a Dio; che nessuno ci deve giudicare dal cibo o dalla bevanda che prendiamo, e chi mangia non deve disprezzare chi non mangia, come chi non mangia non deve giudicare chi mangia. Ora lo so, e ti siano rese grazie e lodi, Dio mio, mio maestro, per aver bussato alle mie orecchie e illuminato la mia intelligenza. Liberami da ogni tentazione. Io non temo l’impurità delle vivande, temo l’impurità del desiderio. So che a Noè fu permesso di mangiare ogni genere di carne commestibile, che Elia si rimise in forza mangiando carne, che Giovanni, pur dotato di un’austerità meravigliosa, non fu contaminato dagli animali, ossia dalle locuste, impiegati come cibo; ma so pure che Esaù fu vittima della brama di lenticchie, che Davide si rimproverò di aver desiderato dell’acqua, e il nostro Re fu tentato non già con carne, ma con pane. Perciò anche il popolo nel deserto meritò un rimprovero non per aver desiderato della carne, ma perché nel suo desiderio di cibo mormorò contro il Signore.