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34. 51. Rimane il piacere di questi occhi della mia carne. Ne farò una confessione, che vorrei giungesse alle orecchie del tuo tempio, orecchie fraterne e pietose. Così concluderemo le tentazioni della concupiscenza carnale che ancora mi assalgono, mentre gemo e desidero essere rivestito della mia abitazione celeste. Gli occhi amano le forme belle e varie, i colori nitidi e ridenti. Ma non avvincano questi oggetti la mia anima. L’avvinca Dio, che fece sì questi oggetti buoni assai, ma è lui solo il mio bene, non essi. Per tutto il giorno, finché ho gli occhi aperti, mi raggiungono senza darmi tregua, mentre me ne dànno le voci che cantano e talora, nel silenzio, tutte le voci. La regina stessa dei colori, la luce, inondando tutto ciò che si vede, dovunque io sia durante il giorno, mi raggiunge in mille modi e mi accarezza, anche quando, intento ad altro, non bado ad essa. S’insinua con tale vigore, che, se viene a mancare all’improvviso, la ricerco avidamente, e se si assenta a lungo, il mio animo si rattrista.

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