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37. 61. Cosa confessarti dunque, Signore, per questa specie di tentazione? Cos’altro, se non che mi compiaccio delle lodi? Però più della verità che delle lodi. Richiesto di scegliere fra uno stato di follia e di errori d’ogni genere, con la lode di tutti gli uomini, oppure di equilibrio e sicuro possesso della verità, con il biasimo di tutti, so quale scelta farei; però vorrei che l’approvazione di una bocca estranea non accrescesse neppure di poco il godimento che ogni bene mi procura. Invece, lo confesso, non solo l’approvazione lo accresce, ma il biasimo lo diminuisce. E mentre mi sento turbare da tanta miseria, s’insinua nella mia mente una giustificazione che tu sai, Dio, quanto vale; me, infatti, rende incerto. Tu ci hai comandato non solo la continenza, ossia di trattenerci dall’amore di alcune cose, ma anche la giustizia, ossia di concentrarlo su altre; e hai voluto che non amassimo soltanto te, ma anche il prossimo. Ora, sovente mi pare di rallegrarmi per i progressi o le buone speranze che rivela il mio prossimo, quando mi rallegro di una lode intelligente; di rattristarmi viceversa per il suo errore, quando lo sento biasimare ciò che ignora o è un bene. Talvolta infatti mi rattristo, anche, delle lodi che mi vengono tributate, quando si loda in me una cosa che spiace a me stesso, oppure si stimano più del dovuto certi benisecondari e futili. Ma anche qui, come posso sapere se questo sentimento non nasce dalla mia contrarietà, perché chi mi loda ha di me stesso un’opinione diversa dalla mia, e quindi se mi scuoto per il suo bene, anziché per il piacere maggiore che mi dànno le mie virtù se gradite, oltre che a me stesso, anche ad altri? In un certo senso non sono io lodato, quando la lode non corrisponde all’opinione che ho di me stesso, poiché allora si lodano cose che a me dispiacciono, o si lodano troppo cose che a me piacciono poco. Sono dunque incerto su me stesso per questo punto?

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