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36. 59. Ma davvero, Signore, che sei il solo a signoreggiare senza burbanza, perché sei il solo vero Signore senza signori, davvero mi sono liberato anche da questo terzo genere di tentazione, se mai si può esserne liberati in tutta questa vita: ossia dal desiderio di farsi temere e amare dagli uomini senza altro motivo, se non di trarne un godimento che non è godimento? Misera vita, lurida iattanza. Di qui soprattutto deriva l’assenza di amore e timore innocente per te, e quindi tu resisti ai superbi, mentre agli umili accordi favore; tuoni sulle ambizioni mondane, e tutte tremano le fondamenta delle montagne. Certi impegni del consorzio umano ci costringono a farci amare e temere dagli uomini; quindi l’avversario della nostra vera felicità incalza e dissemina ovunque i lacci dei “Bravo, bravo”, per prenderci a nostra insaputa mentre li raccogliamo con avidità, per staccare la nostra gioia dalla tua verità e attaccarla alla menzogna degli uomini, per farci gustare l’amore e il timore non ottenuti in tuo nome, ma in tua vece, per averci, simili così a se stesso, con sé, non concordi nella carità, ma consorti nella pena. Decise di fissare la propria sede nell’aquilone, affinché gli uomini servissero questo tuo perverso e deforme imitatore in una gelida tenebra. Ma noi, Signore, siamo, ecco, il tuo piccolo gregge. Tienici dunque, stendi le tue ali, e ci rifugeremo sotto di esse. Sii tu la nostra gloria. Ci si ami per te, e in noi sia temuta la tua parola. Chi vuole la lode degli uomini col tuo biasimo, non sarà difeso dagli uomini al tuo giudizio né sottratto alla tua condanna. Quando non si loda un peccatore per le brame della sua anima e non si benedirà un ingiusto, bensì si loda un uomo per qualche dono ricevuto da te, se costui si rallegra della lode più del possesso del dono per cui è lodato, anche costui è lodato con tuo biasimo, ed è migliore chi loda di chi è lodato. Al primo piacque in un uomo il dono di Dio, al secondo piacque maggiormente il dono di un uomo che di Dio.