trit_Confessiones_ X390_241
34. 52. O Luce, che vedeva Tobia quando, questi occhi chiusi, insegnava al figlio la via della vita e lo precedeva col piede della carità senza mai perdersi; che vedeva Isacco con i lumi della carne sommersi e velati dalla vecchiaia, quando meritò non già di benedire i figli riconoscendoli, ma di riconoscerli benedicendoli; che vedeva Giacobbe quando, privato anch’egli della vista dalla grande età, spinse i raggi del suo cuore illuminato sulle generazioni del popolo futuro prefigurate nei suoi figliuoli, e impose sui nipoti avuti da Giuseppe le mani arcanamente incrociate, non come il loro padre cercava di correggerlo esternamente, ma come lui distingueva internamente. Questa è la Luce, è l’unica Luce, e un’unica cosa coloro che la vedono e l’amano. Viceversa questa luce corporale di cui stavo parlando insaporisce la vita ai ciechi amanti del secolo con una dolcezza suadente, ma pericolosa. Quando invece hanno imparato a lodarti anche per essa, Dio creatore di tutto, l’attirano nel tuo inno anziché farsi catturare da essa nel loro sonno. Così vorrei essere. Resisto alle seduzioni degli occhi nel timore che i miei piedi, con cui procedo sulla tua via, rimangano impigliati, e sollevo verso di te i miei occhi invisibili, affinché tu strappi dal laccio i miei piedi, come fai continuamente, poiché vi si lasciano allacciare. Tu non cesserai di strapparli di là, mentre io ad ogni passo son fermo nelle tagliole sparse dovunque, perché tu non dormirai né sonnecchierai, custode d’Israele.