Mi buttai dunque con la massima avidità sulla venerabile scrittura del tuo spirito, e prima di tutto sull’apostolo Paolo. Scomparvero ai miei occhi le ambiguità, ove mi era sembrato che il testo del suo discorso fosse talora incoerente e contrastante con le testimonianze della Legge e dei Profeti ; mi apparve l’unico volto delle espressioni pure e imparai a esultare con apprensione. Iniziata la lettura, trovai che quanto di vero avevo letto là, qui è detto con la garanzia della tua grazia, affinché chi vede non si vanti, quasi non abbia ricevuto non solo ciò che vede, ma la facoltà stessa di vedere. Cos’ha infatti, che non abbia ricevuto?. E poi, non solo è sollecitato a vedere te, che sei sempre il medesimo, bensì anche a guarire per possederti. Chi poi è troppo lontano per vederti, intraprenda tuttavia il cammino che lo condurrà a vederti e a possederti. Infatti, sebbene l’uomo si compiaccia della legge di Dio secondo l’uomo interiore, cosa farà dell’altra legge, che nelle sue membra lotta contro la legge del suo spirito e lo trae prigioniero sotto la legge del peccato insita nelle sue membra ? Tu sei giusto, Signore, ma noi abbiamo peccato, commesso atti iniqui, opere empie. La tua mano si è appesantita su di noi, e siamo stati dati giustamente in balìa dell’antico peccatore, del signore della morte, poiché persuase la nostra volontà a conformarsi alla sua volontà, con cui abbandonò la tua verità. Cosa farà l’uomo nella sua miseria? chi lo libererà da questo corpo mortale, se non la tua grazia per mezzo di Gesù Cristo signore nostro, generato da te coeterno, creato al principio delle tue vie ; in cui il principe di questo mondo non trovò nulla che fosse degno di morte, eppure lo fece morire, e così fu svuotato il documento che era contro di noi ? Quegli scritti non posseggono queste verità, quelle pagine non posseggono questo sembiante pietoso, le lacrime della confessione, il tuo sacrificio, l’anima angustiata, il cuore contrito e umiliato, la salvezza del tuo popolo, la città sposa, il pegno dello Spirito Santo, il calice del nostro riscatto. Là nessuno canta: “Non sarà l’anima mia sottomessa a Dio? Da lui viene la mia salvezza. Egli è il mio Dio e il mio salvatore, il mio ospite: non più muoverò”. Là nessuno ode il richiamo: Venite a me, voi che soffrite. Si sdegnano anzi i suoi ammaestramenti, perché è mite e umile di cuore. Infatti celasti queste verità ai sapienti e agli accorti, e le rivelasti ai piccoli. Altro è vedere da una cima selvosa la patria della pace e non trovare la strada per giungervi, frustrarsi in tentativi per plaghe perdute, sotto gli assalti e gli agguati dei disertori fuggiaschi guidati dal loro capo, leone e dragone insieme ; e altro tenere la via che vi porta, presidiata dalla solerzia dell’imperatore celeste, immune dalle rapine dei disertori dell’esercito celeste, che la evitano come il supplizio. Questi pensieri mi penetravano fino alle viscere in modi mirabili, mentre leggevo l’ultimo fra i tuoi apostoli. La considerazione delle tue opere mi aveva sbigottito.

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