Con lui si dissolse l’interesse che avevo portato alle dottrine di Mani. Fiducia ancora minore nutrivo verso gli altri loro maestri, dopoché il più famoso mi si rivelò ignorante nelle molte questioni che mi turbavano. Non mancai tuttavia di frequentarlo a motivo della passione che lo infiammava per la letteratura, da me insegnata a quel tempo come retore ai giovani di Cartagine. Leggevo in sua compagnia i testi di cui aveva udito parlare e che desiderava conoscere, oppure io stesso ritenevo adatti a un’indole come la sua. Per il resto i miei sforzi e intenti di progredire in quella setta furono tutti immediatamente stroncati dopo conosciuto quell’uomo, benché non me ne separassi del tutto. Non trovando, direi, nulla di meglio, decisi di star pago per il momento della posizione che avevo comunque raggiunto precipitosamente, finché apparisse una luce preferibile. Così quel Fausto, che fu per molti un lacciuolo mortale, senza volerlo e senza saperlo aveva già cominciato a sciogliere il lacciuolo in cui ero stato preso. Le tue mani, Dio mio, nel segreto della tua provvidenza non abbandonavano invero la mia anima; d’altra parte, dal cuore sanguinante di mia madre ti si offriva per me notte e giorno il sacrificio delle sue lacrime. Agisti verso di me in modi mirabili. Fu azione tua, Dio mio, perché dal Signore sono diretti i passi dell’uomo, e gli imporrà la via. Come ottenere la salvezza, se la tua mano non ricrea la tua creazione?

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