Traductor_It_Felice_Massaro

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Ora, poiché tutto il mio ragionamento si svolgerà intorno al dovere, mi piace definire innanzi tutto l’essenza del dovere, mi meraviglio che Panezio abbia trascurato questo punto. Ogni trattazione, infatti, che la ragione intraprende metodicamente su qualche argomento, dovrebbe partire dalla definizione, perché ben si comprenda qual è l’oggetto di cui si discute.

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Quanto poi a quei doveri, per i quali si possono dare norme pratiche, anch’essi riguardano il sommo bene, ma tuttavia questo loro carattere è meno evidente, perché, a quanto pare, essi mirano piuttosto a regolare la vita comune di tutti i giorni; ebbene, sono appunto questi i doveri che io spiegherò in questi  libri.

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Ma c’è anche un’altra suddivisione del dovere.  C’è infatti il così detto dovere intermedio o relativo e c’è quello che si chiama assoluto. Il dovere assoluto possiamo anche chiamarlo, se non erro, perfetto, poiché i Greci lo chiamano katorthoma,  mentre chiamano  kathekon  il dovere relativo. 

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Queste dottrine, dunque, se volessero essere coerenti con se stesse, non potrebbero dire nulla intorno al dovere: nessun precetto morale, saldo, stabile, conforme a natura, può esser impartito se non da chi afferma che o soltanto l’onestà o soprattutto l’onestà deve essere perseguita per se stessa.

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In questa occasione e in questa questione, dunque, io seguo principalmente gli Stoici, non già come semplice traduttore, ma, secondo il mio costume, attingendo da essi come fonte, con piena e intera libertà di giudizio, quanto e come mi parrà opportuno.