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Vi sono anche di quelli che, o per desiderio di ben custodire i propri beni, o per una certa avversione verso gli uomini, dichiarano di attendere soltanto ai loro affari, senza credere perciò di far torto ad alcuno.
Costoro, se sono esenti da una specie d’ingiustizia, incorrono però nell’altra: abbandonano l’umana società, perché non dedicano ad essa né amore, né attività, né denaro.
Noi poco fa abbiamo chiarito le due forme dell’ingiustizia, aggiungendovi le cause dell’una e dell’altra; e prima ancora avevamo definito la vera essenza della giustizia; sicché ora potremo facilmente determinare quali siano i nostri particolari doveri nelle singole circostanze, se non ci farà velo l’eccessivo amore di noi stessi: perché è ben difficile il prendersi a cuore gl’interessi altrui.
Saggio perciò è il consiglio di chi ci ammonisce di non far cosa alcuna della cui giustizia o ingiustizia siamo in dubbio. La giustizia risplende di un suo proprio splendore; il solo dubbio implica sempre un sospetto d’ingiustizia.
Infatti, o non vogliono procurarsi inimicizie, fatiche, spese, oppure la negligenza, la pigrizia, l’inerzia, o anche certe loro particolari inclinazioni e occupazioni li trattengono in maniera che essi lasciano nell’abbandono quelli che invece essi avrebbero il dovere di proteggere.
Temo pertanto che non soddisfi appieno ciò che Platone dice a proposito dei filosofi, cioè che essi sono giusti appunto perché, immersi nella ricerca del vero, tengono in poco e in nessun conto quelle cose che i più agognano con desiderio irrefrenabile, quelle cose per cui vogliono combattere tra loro persino con le armi.
Certo, sono più lievi le offese che prorompono da qualche improvvisa passione, che non quelle che si fanno con premeditazione e calcolo. E così del recare offesa ho detto abbastanza.
Parecchie sono le ragioni che inducono gli uomini a trascurare l’altrui difesa, mancando così al proprio dovere.
Chiara dimostrazione ne ha dato di recente la temeraria azione di Gaio Cesare che ha sovvertito tutte le leggi divine e umane per quel folle ideale di supremazia che egli s’era creato nella mente.
E a questo riguardo è assai penoso vedere che sono gli animi più grandi e gl’ingegni più splendidi quelli in cui per lo più si accendono i desideri d’onori, di comando, di potenza e di gloria.