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16. 24. Ma allora, quando nomino l’oblio, riconoscendo contemporaneamente ciò che nomino, lo riconoscerei, se non lo ricordassi? Non parlo del semplice suono di questa parola, ma della cosa che indica, dimenticata la quale, non varrei certamente a riconoscere cosa vale quel suono. Dunque, quando ricordo la memoria, proprio la memoria è in sé presente a se stessa; allorché invece ricordo l’oblio, sono presenti e la memoria e l’oblio: la memoria, con cui ricordo; l’oblio, che ricordo. Ma cos’è l’oblio, se non privazione di memoria? Come dunque può essere presente, affinché lo ricordi, se la sua presenza mi rende impossibile ricordare? Eppure, se è vero che conserviamo nella memoria quanto ricordiamo e che, privi del ricordo dell’oblio, non potremmo assolutamente riconoscere la cosa udendo pronunciare il nome, la memoria conserva l’oblio. Così abbiamo presente, per non dimenticare, ciò che con la sua presenza ci fa dimenticare. Dovremo quindi intendere che non si trova nella memoria proprio l’oblio in sé, quando lo ricordiamo, bensì la sua immagine, poiché la presenza diretta dell’oblio ci farebbe non già ricordare, ma obliare? Chi potrà mai indagare questo fatto? chi comprendere come stanno le cose?