trit_Confessiones_ V247_322
Qui ecco mi accolse il flagello delle sofferenze fisiche, che ben presto m’incamminavano verso l’inferno col fardello di tutte le colpe commesse contro te, contro me e contro il prossimo, colpe numerose e gravi, aggiunte al vincolo del peccato originale, per cui tutti siamo morti in Adamo. Non me ne avevi condonata nessuna nel nome di Cristo, né questi aveva pagato sulla sua croce l’inimicizia che avevo contratto con te mediante i miei peccati. E invero, come poteva pagarla su una croce il fantasma che io allora mettevo al suo posto ? Quanto mi sembrava falsa la morte della sua carne, tanto era vera quella della mia anima; e quanto era vera la morte della sua carne, tanto era falsa la vita della mia anima incredula. Col crescere della febbre ben presto fui lì lì per andarmene, e andarmene in perdizione. Dove sarei andato, infatti, se avessi abbandonato allora questo mondo, se non al fuoco e ai tormenti degni dei miei misfatti secondo la verità dei tuoi comandamenti? Mia madre, pur ignara del mio male, tuttavia pregava, assente, per me; e tu, dovunque presente, dov’era lei l’esaudivi e dov’ero io t’impietosivi di me a tal segno, da farmi ricuperare la salute del corpo, benché fossi ancora malsano nel cuore sacrilego: anche in un pericolo così grave, infatti, non desiderai il tuo battesimo. Ero più buono da piccolo, perché allora lo richiesi insistentemente dalla tenerezza di mia madre, come ho già ricordato e confessato. Cresciuto invece a disdoro di me stesso, nella mia follia deridevo le prescrizioni della tua medicina. Eppure non permettesti che io morissi doppiamente in quello stato. Il cuore di mia madre, colpito da una tale ferita, non si sarebbe mai più risanato: perché non so esprimere adeguatamente i suoi sentimenti verso di me e quanto il suo travaglio nel partorirmi in spirito fosse maggiore di quello con cui mi aveva partorito nella carne.