Settembre 2013

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Dio, Dio mio, quali inganni soffrii allora, quando, fanciullo, mi veniva indicata come norma di vita retta l’ubbidienza a chi voleva rendermi prospero nel mondo ed eminente nelle arti linguacciute, provveditrici di onori e ricchezze false tra gli uomini!

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Deus, Deus meus, quas ibi miserias expertus sum et ludificationes, quandoquidem recte mihi vivere puero id proponebatur, obtemperare monentibus, ut in hoc saeculo florerem et excellerem linguosis artibus ad honorem hominum et falsas divitias famulantibus.

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Giunsi così a scambiare con le persone tra cui vivevo i segni che esprimevano i desideri, e m’inoltrai ulteriormente nel consorzio procelloso della vita umana, dipendendo dall’autorità dei genitori e dai cenni degli adulti.

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Così le parole che ricorrevano sempre a un dato posto nella varietà delle frasi, e che udivo di frequente, riuscivo gradatamente a capire quali oggetti designassero, finché io pure cominciavo a usarle, dopo aver piegato la bocca ai loro suoni, per esprimere i miei desideri.

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Che quella fosse la loro intenzione, lo arguivo dal movimento del corpo, linguaggio, per così dire, comune di natura a tutte le genti e parlato col volto, con i cenni degli occhi, con i gesti degli arti e con quelle emissioni di voce che rivelano la condizione dell’animo cupido, pago, ostile o avverso.

trlat_Confessiones_I47_34

Hoc autem eos velle ex motu corporis aperiebatur tamquam verbis naturalibus omnium gentium, quae fiunt vultu et nutu oculorum ceteroque membrorum actu et sonitu vocis indicante affectionem animi in petendis, habendis, reiciendis fugiendisve rebus.

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Afferravo con la memoria: quando i circostanti chiamavano con un certo nome un certo oggetto e si accostavano all’oggetto designato, io li osservavo e m’imprimevo nella mente il fatto che, volendo designare quell’oggetto, lo chiamavano con quel suono.